lunedì 23 aprile 2012

Il maresciallo dei carabinieri era la "talpa" di un usuraio

Carmelo Di Mauro
Mascalucia. Sono notizie che non si vorrebbero mai sentire: la "talpa" che per almeno due anni avrebbe passato informazioni a uno strozzino catanese era un carabiniere in servizio in un comando della provincia etnea. Individuato e arrestato dai suoi stessi colleghi, è ora ai domiciliari.
Dalle indagini condotte dal gip del Tribunale di Catania, Laura Benanti, il militare avrebbe fornito all'usuraio l'elenco delle volte in cui una vittima si era rivolta, anche per altri problemi, alle forze dell'ordine. E' questa l'accusa contestata a un maresciallo dei carabinieri, R. D., di 49 anni, originario di Catanzaro, tratto in arresto dai colleghi del Comando provinciale di Catania nell'ambito di un'inchiesta per usura che ha portato agli arresti Giovanni Deltaglia, 66 anni, di Mascalucia, già noto alle forze dell'ordine. I reati contestati sono quelli di usura aggravata ed estorsione, mentre il militare risulta indagato per accesso abusivo ad un sistema informatico e favoreggiamento reale.
L'indagine, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia catanese, ha preso avvio nel maggio del 2010 grazie alla denuncia di un artigiano catanese che riferisce ai carabinieri di essere vittima degli strozzini già da diversi anni. L'uomo ha raccontato che nel 2003 per fare fronte a sopravvenute difficoltà economiche derivanti dalla carenza di lavoro, si era rivolto in più occasioni al Deltaglia, che conosceva da tempo, per chiedergli, di volta in volta, prestiti di piccole somme di denaro per importi che oscillavano tra i 5 mila e i 15 mila euro. Somme concesse con un tasso di interesse pari al 200% annuo.
Nel frattempo la vittima era riuscita, facendo ricorso anche a mutui e finanziamenti, ad estinguere i "debiti" via via contratti. Nonostante ciò Deltaglia rivendicava sempre altro denaro frutto, a suo dire, di ulteriori interessi maturati.
Nel maggio del 2010 la situazione per la vittima diventava insostenibile. Infatti, lo strozzino, a fronte delle difficoltà prospettate dall'artigiano, rivendicava comunque a titolo di interessi una somma pari a 80mila euro, accompagnando la richiesta con minacce di morte e paventando la propria amicizia con «persone che mettono bombe».
A questo punto parte la denuncia e i carabinieri cominciano ad indagare ed è proprio in uno degli incontri "monitorati" che esce fuori la presenza di una talpa. Deltaglia infatti intimidiva la sua vittima, facendogli intendere che avrebbe subito saputo dai suoi "amici" delle forze dell'ordine se questi l'avesse denunciato. E per essere più credibile elencava tutte le occasioni che avevano portato l'artigiano a rivolgersi alle forze di polizia.
Gli accertamenti delegati dalla Procura distrettuale consentivano in poco tempo all'Arma di Catania di appurare che un proprio appartenente, aveva effettivamente effettuato degli accessi abusivi alle banche dati delle forze di polizia al fine di favorire l'usuraio nell'attività intimidatoria.
Da una stima complessiva dei rapporti di denaro intercorsi fra Deltaglia e la vittima è stato accertato che a fronte di un prestito di circa 44 mila euro sono state corrisposte somme per 130mila euro. Nel corso della perquisizione a carico del Deltaglia sono stati rinvenuti assegni ed elenchi con nomi ed importi che sono tuttora oggetto di approfondimenti info-investigativi.

sabato 17 marzo 2012

Catania, meno tasse a chi denuncia il pizzo

"È un concreto passo avanti, un segnale preciso nel percorso della legalità intrapreso fin dall'inizio da questa Amministrazione al rispetto delle regole e della trasparenza, insieme al Consiglio comunale, facendo prevalere i fatti nella lotta all'illegalità". Così il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, ha illustrato l'operatività della proposta di delibera approvata all'unanimità su proposta del consigliere Giacomo Bellavia (Pdl), avente ad oggetto: "Sostegno alle imprese che hanno sporto denuncia nei confronti di atti di estorsione e/o usura, con l'adozione del relativo regolamento".

Alla riunione, cui hanno presenziato capigruppo e consiglieri comunali, hanno partecipato anche il questore Antonino Cufalo, rappresentanti dell'ordine, delle associazioni commerciali, delle imprese e antiracket e antiusura provinciali, Asaec "Libero Grassi", Ambulatorio Antiusura Onlus, Associazione Antiracket Confcommercio "Ugo Alfino", Fondazione Antiusura Beato "Cardinale Dusmet", Addiopizzo, Associazione antiracket e Antiusura etnea.

L'attuazione del regolamento antiracket permetterà agli imprenditori che denunceranno racket e usura di usufruire di un contributo annuo, per un periodo di cinque anni dal momento della richiesta e fino a disponibilità del capitolo di bilancio, corrispondente a quanto dovuto a titolo di pagamento di tutte le imposte e tasse comunali (quali Ici, Tarsu, Tosap, dell'Imposta Comunale sulla pubblicità e affissioni, dei Canoni idrici per un periodo di dieci anni, nonchè di eventuali canoni di concessione dei posti dei mercati comunali).

Una delle condizioni per accedere al contributo premiale nella lotta alla mafia è che la vittima abbia fornito all'Autorità Giudiziaria, tramite notizia di reato, denuncia o querela, elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori delle richieste estorsive e usuraie.

"Questa iniziativa - ha spiegato il sindaco Stancanelli - è frutto della collaborazione che si è creata tra istituzioni e forze dell'ordine, e la presenza del signor Questore e dei rappresentanti dell'arma dei carabinieri e della guardia di finanza ne è testimonianza. Ringrazio le associazioni antiracket e di categoria che hanno rappresentato la problematica, il consigliere Bellavia per la proposta, il presidente Consoli per l'unanimità in consiglio, l'assessore Bonaccorsi che da assessore al Bilancio ha trovato il modo di accostare proposte a risorse, d'intesa con il direttore delle Attività Produttive Politano che ha già pronto il bando per partecipare a questo recupero di risorse".

- La Sicilia.it - 17/03/2012

sabato 3 dicembre 2011

Esami fantasma all'università

PALERMO - Sono 32 le persone indagate per lo scandalo degli esami fantasma dell'Università di Palermo. L'inchiesta, avviata un anno fa della Procura di Palermo, ipotizza i reati di falso, frode informatica e corruzione. Nell'indagine sono coinvolti tre impiegati dell'ateneo e alcuni laureati tra i quali figura anche Alessandro Alfano, 36 anni, fratello dell'ex Guardasigilli e attuale segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano.

Secondo i magistrati alcuni studenti, con l'aiuto di dipendenti infedeli degli uffici amministrativi, avrebbero fatto figurare nel loro libretto universitario esami in realtà mai sostenuti. La vicenda venne alla luce nel settembre del 2010 in seguito a una denuncia del rettore Roberto Lagalla che segnalò il caso di una laureanda scoperta poco prima della discussione della tesi: controlli incrociati evidenziarono infatti che la studentessa non aveva superato alcuni esami. Le indagini si concentrarono sopratutto sulla facoltà di Economia e Commercio. Un'impiegata era stata immediatamente licenziata, altri due sospesi.

Adesso sono emersi i nomi di tutti gli indagati compreso quello di Alessandro Alfano, che attualmente ricopre la carica di segretario generale della Camera di Commercio di Trapani e di Unioncamere Sicilia. I suoi legali, gli avvocati Grazia Volo e Nino Caleca, hanno smentito qualsiasi irregolarità: "Il nostro cliente ha sostenuto tutti gli esami e ha fiducia in un rapido accertamento della verità".

giovedì 10 novembre 2011

Cartolina inviata da una turista tedesca alla redazione del quotidiano "LA SICILIA"
Sentitamente ringraziamo tutti quei siciliani, che cordialmente ci hanno permesso di donare questo spettacolo, con la propria educazione, a tutti coloro che provenendo da altre regioni o Nazioni, posso godere di questo meraviglioso panorama.

da parte di tutti quegli idioti che ancora cercano di mantenere quest'isola una terra ricca di meraviglie naturali ed umane e vuol dimostrare che qui non esiste solo la Mafia, la mancanza di rispetto reciproco o il menefreghismo collettivo...

...GRAZIE!!!

domenica 23 ottobre 2011

"Voglio tornare a Catania"

Il dramma di Laura Salafia a PrimaLineaTg: per la prima volta in tv parla la ragazza ferita durante una sparatoria in piazza Dante e ricoverata nel centro riabilitativo di Montecatone (Bo) da luglio del 2010. All'interno l'intervista
22/10/2011
Il ricordo lucido di quella mattina, il difficile percorso riabilitativo, il desiderio di vivere a Catania e tornare a studiare tra le mura della sua Facoltà, al monastero dei Benedettini. Mai una parola di rancore né per quanto le è accaduto né per chi ha sparato quella pallottola che le ha cambiato la vita. Ma non può dimenticare: "Arrivare al perdono? Un percorso intimo e lungo, al momento è un problema che non mi sono posto".

Nella lunga intervista, la prima in tv, concessa al direttore di Telecolor, Michela Giuffrida, e trasmessa nello speciale di Prima LineaTg, Laura Salafia ha soprattutto chiamato in causa le istituzioni (la Regione, il Comune, l’Università), che "dopo il clamore sembra si siano dimenticati di me".

Raccolto e sostenuto da Telecolor, l’appello di Laura, da Montecatone, dove si trova ricoverata, ha chiamato in causa i rappresentanti istituzionali, costringendoli a precisi impegni. Dal sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, la garanzia a riunire una rete di associazioni di volontariato per l’assistenza quotidiana non specialistica.

Il rettore di Catania, Antonino Recca, ha promesso un primo contributo dell’Ateneo di 10mila euro. Rassicurazioni anche dal governatore Raffaele Lombardo e dall’assessore all’Istruzione, Mario Centorrino, pronti ad agevolare il rientro di Laura: "Presto le faremo visita". E poi, soprattutto, la disponibilità dell’Unità spinale dell’ospedale Cannizzaro, ad accogliere Laura non per un "ricovero-parcheggio", come temuto dalla ragazza, ma per una fase che la prepari al passaggio verso una casa attrezzata e idonea alle sue esigenze, nella "sua" Catania.

Telecolor lancia una sottoscrizione per aiutare la ragazza a tornare a Catania, tra i suoi cari e i suoi affetti. Ecco il numero del conto corrente intestato a Laura Salafia presso il Monte dei Paschi di Siena: Iban IT 85 F 01030 16918 000001267714

sabato 8 ottobre 2011

Studenti in piazza contro tagli; blitz e uova

di Angela Abbrescia
ROMA - E' cominciata all'alba portando alcune sveglie davanti a Palazzo Chigi, è proseguita con cortei in decine di città e si è conclusa con l'occupazione simbolica per 15 minuti dei binari della stazione Ostiense a Roma; nel mezzo, slogan contro il governo, lanci di uova e vernice, fumogeni, tensione con le forze di polizia. La protesta degli studenti ha mobilitato oggi in tutta Italia decine di migliaia di ragazzi - 100 mila secondo gli organizzatori, 50 mila secondo la polizia - per denunciare lo stato dell'istruzione in Italia e i tagli, ma tra gli obiettivi il Governo e il ministro dell'istruzione si sono mescolati al mondo della finanza, con Moody's e le banche.
"Le aule scolastiche cadono e pezzi e 200 mila studenti universitari rischiano di perdere la borsa di studio" hanno spiegato i ragazzi della Rete della Conoscenza, secondo i quali "con la scusa della crisi, il governo sta scaricando sulla nostra generazione tutto il peso dell'austerity". "Ora i conti li fate con noi" è stato lo slogan più diffuso nelle manifestazioni, insieme a "Il futuro non è scritto", "Noi il debito non lo paghiamo" e "Gelmini, Gelmini, dimissioni!". La mobilitazione era indetta dall'Unione degli Studenti, il "sindacato" delle scuole superiori, a cui si sono uniti gli universitari di Link e tutto il movimento studentesco. E la partecipazione, dicono i promotori, è stata altissima ovunque, nelle metropoli come nei piccoli centri, "segno che i tagli del governo a scuola e università stanno creando un disagio reale": 25 mila persone a Roma, 15 mila a Torino, 8 mila a Napoli, 5 mila a Genova e Milano. Numerosi le azioni dirette di protesta, soprattutto a Roma, dove sin dall'inizio del corteo gli studenti hanno lanciato petardi, fumogeni e inscenato blocchi stradali; hanno poi proseguito oltre il percorso autorizzato, bloccando il lungotevere e lanciando contro le forze dell'ordine palloncini pieni di vernice, per poi fermarsi di fronte al Ministero dell'Istruzione e quindi tornare alla Piramide; qui i manifestanti hanno bloccato un'auto blu e alcuni studenti l'hanno assaltata con calci e sputi. Il corteo ha poi fatto irruzione nella stazione Ostiense, bloccando i binari. Bilancio: decine di giovani identificati che saranno denunciati, il traffico nella capitale in tilt e il sindaco, Gianni Alemanno, che chiede "regole condivise per garantire il diritto alla protesta ed il diritto alla mobilità".
A Milano gli studenti hanno lanciato uova e vernice contro le sedi di alcune banche; attimi di tensione con la polizia davanti alla stazione centrale, ma poi i manifestanti sono riusciti a passare in corteo intorno al Pirellone, sede della Regione. Lancio di uova con vernice contro le vetrate di alcune banche anche a Pisa. Contestazione al Consiglio Regionale, alla Provincia e alla sede della Lega Nord a Trieste, mentre i cortei sono arrivati davanti agli ufficio scolastici regionali a Bari e Cagliari. A Torino sono stati appesi degli scontrini sulle vetrine dell'Unicredit, mentre a Genova due cortei hanno bloccato diverse zone della città per poi contestare il salone nautico e occupare uno spazio in piazza Sarzano. A Napoli, piazza Borsa è stata ribattezzata "piazza Reddito per tutti" e gli studenti, dopo aver calato lo striscione "Indignarsi non basta" dal rettorato dell'Università Federico II, hanno soffiato bolle di sapone contro la polizia che tentava di bloccare il corteo. Striscioni, fumogeni e uova contro la sede di Equitalia a Cosenza. "Dai cortei di oggi comincia una straordinaria stagione di mobilitazione" annunciano alla fine gli studenti: domani con i lavoratori del pubblico, il 12 ottobre all'iniziativa "occupiamobancaditalia" in continuità con le proteste di New York, e il 15 ottobre a Roma per la giornata mondiale di mobilitazione lanciata dagli indignados spagnoli.

mercoledì 21 settembre 2011

"Io sono povero, 145 mila euro" Bufera su Castelli

 

di Gabriele Martini
«Sono povero, guadagno 145 mila euro». Nell'estate della crisi e della rabbia anti-casta certe frasi andrebbero evitate a priori. Se poi a pronunciarle è un politico di professione il copione è scontato: una valanga di insulti e sberleffi più o meno riferibili. Protagonista dell'infelice uscita Roberto Castelli, leghista, affezionato ospite dei salotti tv.

L'azzardo del viceministro va in onda a "Piazzapulita", il nuovo programma di Corrado Formigli su La7: «Ci sono politici di vecchia generazione che, come me, dopo vent'anni sono poveri». Il pubblico in studio resta spiazzato. Poi il mugugno diventa boato. Dagli spalti piovono urla di scherno. L'ex ministro tira dritto: «Io facevo l'ingegnere, guadagnavo bene. Ho rinunciato alla mia pensione e oggi sono povero, ho pochissimi soldi». Il sindaco Renzi allarga le braccia. Il conduttore - all' esordio stagionale dopo il divorzio da Santoro - fiuta aria di gaffe e incalza: «Ci dica quanto guadagna». La replica di Castelli è poco convinta: «145 mila euro...». Ancora Formigli: «Quindi non è povero». Il leghista tenta di rimediare: «Sono povero nel senso marxiano del termine, vivo solo del mio lavoro…». Ma ormai il danno è fatto.

In rete il video è già cult. Su YouTube i commenti sono impietosi: «Dalla faccia Castelli si deve essere reso conto di quello che stava dicendo, probabilmente ha pensato: "Sono un pirla"». Rob rivolge la domanda più ovvia: «Come si permette di definirsi povero quando ci sono famiglie che sopravvivono con 800 euro al mese?». «Lui non vive del suo lavoro, ma del nostro lavoro», tuona Riccardo.

Sui blog c'è chi allarga il bersaglio alla «casta dei parlamentari». A difendere la categoria ci prova il deputato Pdl Maurizio Paniz: «Con i tagli lo stipendio di parlamentare non è quello che si racconta - assicura da un convegno del partito a Cortina - . Nel 2001 c'erano 7 mila euro in busta paga, quest'estate si è arrivati a 4.500, poi a 2.500. Il contributo di solidarietà ha ulteriormente abbassato il netto a 1.600. E siccome noi diamo 800 euro al partito io mi ritrovo in tasca altrettanto. Così facendo si leva la dignità ai politici». Parole che non convincono gli arrabbiati di Facebook, dove i gruppi non si contano. «Vergogna», «Castelli chieda scusa», «si dimetta», scrivono i più gentili. Una ragazza si rivolge direttamente al politico leghista: «Tu povero? Mio marito guadagna 350 euro al mese! Io 145 mila euro non li ho mai visti in tutta la vita». Gli iscritti si dividono tra «quelli che vorrebbero essere poveri come Castelli», «facciamo una colletta» e «regaliamogli un euro». Su Twitter Marco mette d'accordo tutti: «Castelli e Marx? Sì, ma Groucho».