mercoledì 21 settembre 2011

"Io sono povero, 145 mila euro" Bufera su Castelli

 

di Gabriele Martini
«Sono povero, guadagno 145 mila euro». Nell'estate della crisi e della rabbia anti-casta certe frasi andrebbero evitate a priori. Se poi a pronunciarle è un politico di professione il copione è scontato: una valanga di insulti e sberleffi più o meno riferibili. Protagonista dell'infelice uscita Roberto Castelli, leghista, affezionato ospite dei salotti tv.

L'azzardo del viceministro va in onda a "Piazzapulita", il nuovo programma di Corrado Formigli su La7: «Ci sono politici di vecchia generazione che, come me, dopo vent'anni sono poveri». Il pubblico in studio resta spiazzato. Poi il mugugno diventa boato. Dagli spalti piovono urla di scherno. L'ex ministro tira dritto: «Io facevo l'ingegnere, guadagnavo bene. Ho rinunciato alla mia pensione e oggi sono povero, ho pochissimi soldi». Il sindaco Renzi allarga le braccia. Il conduttore - all' esordio stagionale dopo il divorzio da Santoro - fiuta aria di gaffe e incalza: «Ci dica quanto guadagna». La replica di Castelli è poco convinta: «145 mila euro...». Ancora Formigli: «Quindi non è povero». Il leghista tenta di rimediare: «Sono povero nel senso marxiano del termine, vivo solo del mio lavoro…». Ma ormai il danno è fatto.

In rete il video è già cult. Su YouTube i commenti sono impietosi: «Dalla faccia Castelli si deve essere reso conto di quello che stava dicendo, probabilmente ha pensato: "Sono un pirla"». Rob rivolge la domanda più ovvia: «Come si permette di definirsi povero quando ci sono famiglie che sopravvivono con 800 euro al mese?». «Lui non vive del suo lavoro, ma del nostro lavoro», tuona Riccardo.

Sui blog c'è chi allarga il bersaglio alla «casta dei parlamentari». A difendere la categoria ci prova il deputato Pdl Maurizio Paniz: «Con i tagli lo stipendio di parlamentare non è quello che si racconta - assicura da un convegno del partito a Cortina - . Nel 2001 c'erano 7 mila euro in busta paga, quest'estate si è arrivati a 4.500, poi a 2.500. Il contributo di solidarietà ha ulteriormente abbassato il netto a 1.600. E siccome noi diamo 800 euro al partito io mi ritrovo in tasca altrettanto. Così facendo si leva la dignità ai politici». Parole che non convincono gli arrabbiati di Facebook, dove i gruppi non si contano. «Vergogna», «Castelli chieda scusa», «si dimetta», scrivono i più gentili. Una ragazza si rivolge direttamente al politico leghista: «Tu povero? Mio marito guadagna 350 euro al mese! Io 145 mila euro non li ho mai visti in tutta la vita». Gli iscritti si dividono tra «quelli che vorrebbero essere poveri come Castelli», «facciamo una colletta» e «regaliamogli un euro». Su Twitter Marco mette d'accordo tutti: «Castelli e Marx? Sì, ma Groucho».

Generale a processo: “Gli offrivano bunga bunga per coprire lavori inesistenti”

Lo scandalo tra i militari a Piacenza: nella caserma, secondo l'accusa, ci sarebbero stati festini a luci rosse con decine di giovani prostitute e l'alto ufficiale. Unico scopo dei suoi soci imprenditori che gli avrebbero procurato le ragazze: "Togliere soldi all’amministrazione militare per lavori di bonifica all’interno della caserma mai effettuati". Ma sul processo pesa l'ipotesi prescrizione
La voce circolava da tempo, tra qualche risolino maligno e, forse, un po’ di invidia. Poi, quando il bunga bunga divenne fenomeno nazionale, a Piacenza in pochi si scandalizzarono: “Qui succede da tempo e non riguarda di certo la politica”, si diceva.

Fatto sta che il Bunga bunga bar di Londra dovrà forse rivedere il suo pantheon ed inserire nella walk of fame anche il generale Giuliano Taddei, l’ex direttore del Polo di mantenimento pesante nord di Piacenza che dal 2002 al 2006 si sarebbe divertito con giovani ragazze che – secondo l’accusa che gli viene mossa dai magistrati – sarebbero state pagate da imprenditori locali che “organizzavano festini a luci rosse per sollazzare l’arzillo 65enne, con il solo scopo di riuscire a succhiare soldi dall’amministrazione militare per lavori di bonifica mai effettuati”.

Una storia controversa, quella del generale, che la prossima settimana dovrà affrontare la prima udienza del processo che lo vede implicato per illecito militare, falso ideologico, furto e corruzione all’interno del già risoprannominato ‘processo Pertite‘ dal nome dell’area militare a ridosso della via Emilia pavese nella quale venne realizzata una vera e propria discarica abusiva a cielo aperto dentro cui venivano abbandonati materiali tossici e inquinanti risalenti anche alla seconda guerra mondiale.

Nel processo, come è chiaro, non si parlerà solamente della discarica e delle bonifiche fatturate mai avvenute all’interno degli stabilimenti militari, ma anche dei favori che avrebbero messo in atto alcune imprese compiacenti che offrivano donne, alcove e tour tra night club per far chiudere un occhio – o forse due – al generale. Questo almeno quanto sostiene l’accusa.

Dalle carte, infatti, emerge che nel 2002 la ditta Fagioli si “aggiudica l’appalto per la bonifica di alcuni stabilimenti militari di Piacenza, tra cui Pertite e Staveco. La Fagioli, però, non è nuova agli investigatori che conoscono da tempo la tendenza della società con sede a Reggio Emilia di subappaltare i servizi commissionati a terze ditte, cosa che capita anche a Piacenza”.

Le mansioni della Fagioli sono quindi quasi subito subappaltate a Claudio Barella che però, stando alle ricostruzioni degli operai e dello storico custode della Pertite, si limita ad entrare all’interno dello stabilimento militare, uscendo senza tutto quel materiale ferroso che- per contratto- avrebbe dovuto provvedere a smaltire altrove.

Intanto, la Fagioli e il generale Taddei continuano a fatturare bonifiche insesistenti.

Ma nel 2003 spunta anche Costantino Bellocchio, fatto passare come collaboratore di Barella e con il compito di sistemare la parte boschiva del comprensorio, ma che di fatto entra ed esce dagli stabilimenti con una autonomia atipica per un civile. Nel solo giugno 2004, poi, Bellocchio incassa una cosa come 94.824 euro per lavori – dicono i pm  - che non sarebbero mai stati eseguiti all’interno del Polo militare. Come mai? Chi è questo Bellocchio? La chiave di lettura la fornisce un sottufficiale dell’esercito che racconta agli inquirenti come Bellocchio e il generale Taddei si siano conosciuti nel febbraio 2004 visto che il militare – ma questo lo dice il teste – “era bramoso di consumare rapporti sessuali con giovani donne a pagamento”.

Il sottufficiale ancora nella veste di testimone – proprio per quell’incontro – mette quindi a disposizione l’appartamento della sua compagna per organizzare un piccolo party tra Taddei ed una giovane prostituta, interamente addebitata sul conto di Bellocchio che, da quel febbraio, diventa compagno inseparabile del generale.

Bellocchio, come mettono nero su bianco gli inquirenti, si fa quindi da intermediario tra le voglie del generale, classe 1946, e le giovani squillo che vanno e vengono dal Polo militare. Una voglia di donne sempre crescente, quella del generale, ben descritta dallo stesso Bellocchio durante il suo interrogatorio che parla appunto di un Taddei “bramoso di consumare prestazioni sessuali con donne più giovani e a pagamento”.

Il via vai di donne e civili che continuano ad assiepare indiscriminatamente i vialoni del plesso militare, però, danno troppo nell’occhio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti tra il 30 marzo ed il 30 giugno 2004 Bellocchio va da Taddei, accompagnato da un paio di giovani romene, almeno 30 volte come appuntato nei registri della portineria. Forse è un po’ troppo e qualcuno potrebbe insospettirsi. Al che Bellocchio, su suggerimento del generale, prende in affitto un appartamento sopra un noto ristorante alle porte di Piacenza: tra luglio e agosto 2004 Bellocchio in persona tinteggia i locali ed- et voilà- il gioco è fatto. Taddei ha la sua alcova: va a cena sotto casa, Bellocchio prima di andarsene salda il conto e lascia nell’appartamento qualche giovane prostituta che passerà la notte a far passare i bollori all’indomito militare. Tutto questo con i soldi dei pagamenti ricevuti da Bellocchio per le bonifiche mai eseguite.

Taddei, a questo punto sostiene l’accusa, è completamente nelle mani di Bellocchio: fa firmare ai suoi collaboratori pagamenti enormi e ad emettere fatture gonfiate per alimentare il giro di donne che gli imprenditori gli forniscono quotidianamente. Un meccanismo che si inceppò nel 2006 con l’arresto del generale e l’avvio della delicata inchiesta sulla discarica abusiva nel plesso della Pertite. Se giovedì prossimo gli undici rinviati a giudizio compariranno in tribunale per la prima udienza del processo, è realistica l’ipotesi che il fascicolo Taddei verrà chiuso ben presto: i reati potrebbero infatti andare in prescrizione prima del 2013.

E la Sicilia comincia a morire di fame




LA SICILIA 21/09/2011
A Roma il governo sta lavorando per elaborare un piano di rilancio dell’economia, per andare oltre la resistenza alla crisi e al rischio default, che è sempre dietro l’angolo. Ma che Tremonti & c. davvero abbiamo ancora qualche idea e qualche euro per far ripartire l’economia del Paese è illusione che hanno ormai in pochi, anche nello stesso governo. A Ballarò il povero ministro del Fas e del Piano per il Sud, Fitto, annaspava vistosamente.

Sa che non arriverà niente da nessuna parte, né in Puglia, né in Calabria, né in Sicilia, anzi l’obiettivo ormai nemmeno celato è quello di far passare tempo prezioso, allungare gli iter degli appalti, delle procedure burocratiche, per arrivare al dicembre 2012 senza avere un solo appalto pronto e far disimpegnare le somme che già il Cipe ha assegnato anche alla Sicilia.

Perché? Perché al di là della quota di finanziamento del 50% che viene dall’Unione europea, ci vogliono poi il 25% dello stato eil 25% della Regione. Che non hanno più nulla. Il governo siciliano lamenta il fatto che i tagli statali hanno tolto 1,4 miliardi proprio al capitolo dei finanziamenti di grandi opere, quindi non c’è un soldo per cofinanziare nulla. Di suo, poi, la Regione ci mette una programmazione lenta e farraginosa, per cui resta tutto bloccato a prescindere e la Sicilia possiamo dire oggi sta morendo di fame.

Basti pensare alla situazione dell’agricoltura: due miliardi di fondi bloccati e centinaia di imprese agricole che chiudono. Stesso discorso nell’artigianato: ci sarebbero soldi per rilanciare le attività, ma non arrivano agli artigiani, le banche pretendono il rientro dai fidi fatti e loro ricorrono agli usurai. Risultato finale: addio aziende.

C’è il crollo dei consumi, anche del settore alimentare e questa è la novità più triste: non ci vestiamo più, non si viaggia più, ma adesso si mangia sempre meno e basta andare non nei centri commerciali, dove non c’è più folla, ma anche negli esercizi commerciali di quartiere, che hanno ripreso a vendere qualcosa, a credito. Ma sempre meno, perché la gente in Sicilia non vede più non un futuro, ma nemmeno il presente, con un giovane su due che non lavora e non studia. E, intanto, a Roma studiano il piano di rilancio dell’economia. Per un paese che per buona parte è morto.

martedì 20 settembre 2011

Bentornati a Scuola!!!

Dopo pochi giorni dal suono della prima campanella dell'anno scolastico 2011/2012, ci si rende conto che le situazioni infrastrutturali e non degli impianti scolastici, sono tra le peggiori, nonostante vecchie denunce e segnalazioni.
Vi sono strutture catanesi che rischiano di non vedere alcun alunno presente nelle proprie aule a causa di insostenibili disagi igenico-sanitari come reclamato dai genitori degli studenti dell'Istituto "LIVIO TEMPESTA" di via Gramignani.
Nei pressi del plesso scolastico vi è la presenza di diverse discariche abusive che obbligano, letteralmente, genitori e figli ad effettuare lo slalom per poter accedere alla Scuola.
Per non parlare di quelle strutture abbandonate adiacenti all'Istituto, dove ogni sorta di animale, dolente o nolente, va a morire giungendo ad uno stato di putrefazione tale, da causare un fetore così insostenibile che provoca nei piccoli studenti, sintomi come vomito e mal di testa.
E' giustificata la dichiarazione di quei genitori che ritengono più opportuno lasciare i propri figli a casa invece di mandarli a scuola con il rischio di ammalarsi.
Naturalmente i problemi non si limitano a questo, visto i tagli stabiliti dalla nuova riforma scolastica, destinati ad alcune materie di tipo umanistico come ad esempio:Storia dell'arte; Latino e Greco; Filosofia; Storia ecc.
a discapito inesorabilmente degli altri settori. Senza ovviamente parlare di precari ed assurde assunzioni come il caso di quella Signora che si è ritrovata un posto di lavoro con stipendio fisso come bidella.
Che c'è di strano? Che la Signora andrà in pensione dopo solo quattro mesi dall'assunzione per limiti di età occupando, certo non per colpa sua, un posto che poteva essere destinato ad uno degli innumerevoli precari italiani.
Un altro esempio è l'insegnante che passa di ruolo dopo circa trentasei anni di precariato, anch'essa a poco più di due anni dalla pensione.
La scuola italiana è ormai un colabrodo che in piccolo riflette i problemi nazionali e dei vari settori che compongono l'Italia stessa.
Inutili i vari striscioni scritti dai ragazzi, che citano la frase: "Il futuro siamo noi".
Chi è sopra di noi, sta ormai pensando di salvaguardare il proprio futuro ed il proprio presente, riducendo gli italiani ad un popolo privo di sogni, di speranze ed aspirazioni e di cui l'unico pensiero è vivere o meglio sopravvivere, giorno per giorno.