mercoledì 21 settembre 2011

E la Sicilia comincia a morire di fame




LA SICILIA 21/09/2011
A Roma il governo sta lavorando per elaborare un piano di rilancio dell’economia, per andare oltre la resistenza alla crisi e al rischio default, che è sempre dietro l’angolo. Ma che Tremonti & c. davvero abbiamo ancora qualche idea e qualche euro per far ripartire l’economia del Paese è illusione che hanno ormai in pochi, anche nello stesso governo. A Ballarò il povero ministro del Fas e del Piano per il Sud, Fitto, annaspava vistosamente.

Sa che non arriverà niente da nessuna parte, né in Puglia, né in Calabria, né in Sicilia, anzi l’obiettivo ormai nemmeno celato è quello di far passare tempo prezioso, allungare gli iter degli appalti, delle procedure burocratiche, per arrivare al dicembre 2012 senza avere un solo appalto pronto e far disimpegnare le somme che già il Cipe ha assegnato anche alla Sicilia.

Perché? Perché al di là della quota di finanziamento del 50% che viene dall’Unione europea, ci vogliono poi il 25% dello stato eil 25% della Regione. Che non hanno più nulla. Il governo siciliano lamenta il fatto che i tagli statali hanno tolto 1,4 miliardi proprio al capitolo dei finanziamenti di grandi opere, quindi non c’è un soldo per cofinanziare nulla. Di suo, poi, la Regione ci mette una programmazione lenta e farraginosa, per cui resta tutto bloccato a prescindere e la Sicilia possiamo dire oggi sta morendo di fame.

Basti pensare alla situazione dell’agricoltura: due miliardi di fondi bloccati e centinaia di imprese agricole che chiudono. Stesso discorso nell’artigianato: ci sarebbero soldi per rilanciare le attività, ma non arrivano agli artigiani, le banche pretendono il rientro dai fidi fatti e loro ricorrono agli usurai. Risultato finale: addio aziende.

C’è il crollo dei consumi, anche del settore alimentare e questa è la novità più triste: non ci vestiamo più, non si viaggia più, ma adesso si mangia sempre meno e basta andare non nei centri commerciali, dove non c’è più folla, ma anche negli esercizi commerciali di quartiere, che hanno ripreso a vendere qualcosa, a credito. Ma sempre meno, perché la gente in Sicilia non vede più non un futuro, ma nemmeno il presente, con un giovane su due che non lavora e non studia. E, intanto, a Roma studiano il piano di rilancio dell’economia. Per un paese che per buona parte è morto.

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